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Piero a cottimo |
Quest’anno con l’aiuto di Piero e’ stato tutto piu’
semplice...ci ha dato una mano, anzi una zampa a raccogliere le olive…
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Poi c’e’ l’aspetto sociale dell’olio.
Appena rientrati dal frantoio gli amici e i parenti che hanno anche un solo olivo in giardino fanno a gara per
scambiarsi la bottiglia e giu’ commenti sul pizzico,l’unto e il sapore di
foglia.
E’ come per il cavallo: il mio e’ migliore del tuo. Punto.
Comunque e’ chiaro che l’olio e’ il prodotto della
tradizione molto piu’ del vino che ormai le grosse cantine, spesso di
proprieta’ esotica ci hanno espropriato
facendone un vero oggetto di consumo.
L’olio invece e’ “cosa nostra”, basta andare al frantoio per
vedere le persone che controllano che l’olio sia delle proprie olive e che
queste non entrino nemmeno in contatto
con quelle del vicino ,quasi potessero contaminarle.
Al frantoio si discute animatamente sul momento migliore
della raccolta e della giusta proporzione tra le varieta’; io ho piu’
correggiole che rendono meno ma l’olio
e’ meglio, no! Non ci capisci niente di agricoltura io ci metto le moraiole e
il leccino, bischero!!! Tanto te sei gobbo che ci voi capiì dell’olio , te conosci
solo quello del motore Fiat.
Per assurdo il fatto che il nostro olio non sia un businnes, tanto che il costo della raccolta a mano ne copre tutto il valore e’ un bene,
nel senso che nessuno da fuori verra’ a comprare i nostri oliveti se non e’
entrato nella logica della produzione di qualita’ fine a se stessa.
Cosi’ gli oliveti resteranno a incorniciare la campagna
toscana insieme ai cipressi e ai lecci, tutte piante forse antieconomiche, ma nostre, toscane dalla vetta
alle radici.
Unica istruzione per l’uso: qualcuno pensa ad informare le
nuove generazioni sul valore dell’olio e sulla necessita’ di conservare gli
oliveti?
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